Un articolo del nostro associato, il dott. Gianni Mario Colombo: “Il lavoro negli enti del terzo settore”.


Gianni Mario Colombo, Ratio Quotidiano; 11 maggio 2020

La normativa di riferimento non regola il rapporto interno, ma pone un tetto alle retribuzioni attraverso due disposizioni specifiche.

Il legislatore della riforma non ha previsto una specifica disciplina del rapporto di lavoro nel Terzo settore. Si è preoccupato, tuttavia, di ribadire (art. 16 del CTS) l’obbligo che i lavoratori degli enti del Terzo settore ricevano iI trattamento economico e normativo cui hanno diritto, sulla base dei contratti collettivi (art. 51 D.Lgs. 80/2015).

Oltre a questa previsione di carattere generale, il Codice contiene due disposizioni che pongono un tetto alle retribuzioni. La prima (art. 8, c. 3, lett. b) è posta nell’ottica di evitare una distribuzione indiretta di utiIi, in ossequio al principio secondo cui le risorse dell’ETS, sia durante la vita che in caso di scioglimento dell’ente (art. 9), devono essere destinate al perseguimento delle attività di interesse generale.

La norma stabilisce un parametro oggettivo (40% rispetto alle retribuzioni previste per le medesime qualifiche dai contratti collettivi) oltre il quale la retribuzione costituisce distribuzione indiretta di utili.

È d’obbligo, a questo punto, richiamare l’analoga disposizione di cui all’art. 10, c. 6, lett. e), D.Lgs. 460/1997 relativo alle Onlus, dove peraltro il limite oltre il quale si configurava distribuzione indiretta di utili era fissato al 20%.

Si noti che la disposizione normativa in argomento è da considerare norma antielusiva di tipo sostanziale, della quale può essere chiesta la disapplicazione ai sensi dell’art. 37-bis, c. 8 D.P.R. 600/1973. In tal senso si è espressa anche la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 10.09.2002, n. 294/E.

A sua volta, l’art. 8 del CTS prevede un’eccezione, a nostro avviso non del tutto giustificata, alla regola generale (limite del 40%) enunciata sopra: “per comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale solo limitatamente ad alcuni settori (art. 5, c. 1, lett. b, g, h)”.

È da ritenere che, essendo stabiliti dalla legge gli ambiti di disapplicazione della norma, non possa trovare applicazione, per le altre attività di interesse generale, la procedura di cui all’art. 37-bis D.P.R. 600/1973, di cui si è detto a proposito delle Onlus.

Sempre con riferimento alle OnIus, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali è intervenuto (nota 27.02.2020, n. 2088) per chiarire che, nel periodo transitorio prima dell’entrata in vigore della Riforma del Terzo Settore, trovando ancora applicazione la disciplina di cui al D.Lgs. 460/1997, alla distribuzione indiretta di utili ai lavoratori è da ritenere applicabile il disposto dell’art. 10, c. 6, lett. e), D.Lgs. 460/1997 e non quanto stabilito dall’art. 8, c. 5, lett. b), D.Lgs. 117/2017.

Un’altra disposizione contenuta nell’art. 16 del Codice (e analogamente nell’art. 13, c. 1 D.Lgs. 112/2017 per l’impresa sociale) proibisce, allo scopo di imporre equità retributiva all’interno degli enti del Terzo settore, differenze di trattamento retributivo (annuo lordo) dei lavoratori dipendenti superiori al rapporto 1:8.

L’ultimo comma dell’art. 16 dispone che occorre dare conto nel biIancio sociaIe del rispetto di tale parametro, o, in mancanza, nella reIazione di cui all’art. 13, c. 1 (Relazione di missione).

In conclusione, nessun dubbio, a nostro avviso, sulla bontà degli obiettivi che le norme intendono perseguire. Tuttavia, qualche perplessità sorge circa la loro efficacia per il trattamento economico riservato ai livelli apicali, tenuto conto della necessità degli enti di disporre di professionalità in grado di gestire realtà complesse che devono competere sul mercato, assicurando la qualità del servizio.